Lo sguardo corre, seguendo i contorni del pensiero, sospinto giù dalla brulla collina rotola fino a raggiungere le rive del lago. In un mattino di fine inverno che ha ancora il sapore del caffè amaro, sorseggiato con gusto e diletto; è un nuovo giorno dove la mente imprigionata in questo corpo, ritroverà i suoi limiti, le sue paure e si confronterà con le muse ancestrali.
Ma per me è così ogni giorno. Raggi intinsi di tenue ambra, feriscono occhi che non dovrebbero osservare quelle lucenti spade fatte di guizzi e danze tra le fronde delle palme.
Ma come poter trattenere il pensiero? Esso vola, veloce, oltre le sponde del lago che ora pacato come specchio d’ardesia, anche il soffio del vento disdegna. Poi attraversa tempo e spazio, sfugge a rovistare dove ricordi attendono d’esser risvegliati e poi condotti fuori per mano. Varca i confini dettati dalla dimensione umana, là ben oltre, lo spazio infinito delle percezioni dimentiche di circoscrizione. Raggiante quindi, assetato di sensazioni da rivivere, il pensiero mi sospinge ad afferrare l’emozione per poi scagliare la mia coscienza tra le braccia acclamanti d’un sogno del passato.
Inizialmente mi ribello, poi mi lascio sedurre da quel torpore dolce e passionale che solo il pensiero sa trasmettere. Sorrido a me stessa, conscia, ancora una volta, di troppo facilmente arrendermi alle sue lusinghe che inevitabilmente mi riconducono alla sofferenza.
Ogni ricordo, trascina con sé la dualità ineffabile del bene e del male. Entrambe tracce marcate a fuoco sulla pelle d’ogni Essere, gestite a volte in maniera incoerente dacché non seguono il corso virtuoso della saggezza ma bensì quello dissoluto ed irriverente della Passione.
Non possiamo imparare dagli errori del passato, sempre tendiamo a perseverare nelle ottusità seguendo uno schema che portiamo accollato al nostro spirito… Ma già il pensiero inizia a volare con dignità propria della sua natura, mi abbandono per un attimo in preda al panico iniziale ma poi, leggera come l’inconsistenza dell’aria, lo afferro trattenendomi avvinghiata alle sue molteplici sfumature…
Chiudo gli occhi, mi affido al suo odore di paure e piaceri sconfinati mentre penetra in me l’oblio della pace dei sensi. Ritornano quindi i ricordi di esistenze precedenti, scene mai obliate dalla mia mente assumono consistenza; lentamente mi lascio stregare, trascinare e dolcemente mi addormento.
E nel sogno, il sole arabesca la frescura delle palme che ricamano ombre allungate sulla sabbia. Riaffiorano i destrieri dalle criniere al vento ed i cavalieri erranti padroni delle distese di sabbia sconfinate.
Osservo la scena da rispettosa distanza, cercando di nascondere il viso con la lunga garza azzurra saggiamente avvolta attorno al capo. Un’unica fessura minuta, affinché gli occhi possano guardare con marcato stupore ed ammirazione curiosa.
Non dovrei trovarmi qui. Mi è stato più volte vietato di risalire la sponda orientale dell’Eufrate alla ricerca di tesori nascosti. Ma il mio spirito ribelle non accetta compromessi, il desiderio pungente di evasione ed emozione è lo scotto col quale pagare una vita di vezzi e lusso tra mura marmoree di palazzi dalle mille stanze.
Sono quella che sono, baciata da nobiltà di rango, ma in questi luoghi resto una donna, che agli occhi del mio popolo significa sottomissione.
La brezza si è trasformata in vento pungente il quale con ogni folata riempie di sabbia le pieghe del mio abito accecandomi. Ma è troppo eccitante guardare i cavalieri, sentire le loro grida inneggiare “Bism Allah”e “Allah Akbar” (Dio è grande) mi sento come paralizzata ed i miei occhi seguono concitati le corse dei destrieri. Libertà, infine! Questo indescrivibile sublime sentimento che non può essere acquistato o mercanteggiato, ma bensì unicamente conquistato con determinazione e… talvolta con la morte.
Qui trovi la continuazione del racconto, clicca per accedere!
Lo trovo davvero stupendo.
Grazie cara Susanna… dovrei tradurlo in inglese, quando avrò un po’ di tempo! Un grande abbraccio in musica :-)claudine
determination… how far it moves us…
Le temps retrouvé… Ma è solo Proust che potrebbe descrivere le sensazioni provate nell’essere ripiombati nel clima in cui nascevano “Tracce”. Un abbraccio, Alberto