(A mio papà, in memoria dell’amore che ci ha così tanto donato!)
La donna si guardava alle spalle, con timidezza, quasi volesse accertarsi che i suoi occhi non le avessero giocato uno scherzo. Poi si avviò con passo ceto, sorridendo, verso il sentiero che l’avrebbe riportata a casa.
Era una giornata di fine estate, con il sole che soavemente accarezzava la pelle, mentre la brezza della sera si apprestava a rinfrescare l’aria. Il sussurrare delle acque che più in la scorrevano verso valle, erano testimoni di quel incontro tessuto nelle trame del destino.
Erano trascorsi molti anni, ma la memoria di quello sguardo, di quella sensazione, erano rimasti accesi nel suo cuore.
Ricordava ancora come i suoi occhi avessero incontrato quelli di quel giovane, la cui canottiera metteva in risalto l’abbronzatura. Portava avvolto al collo un asciugamano come era solito fare, quando si recava al piccolo ruscello per radersi.
Erano gli anni post bellici, dove la tragedia della seconda guerra mondiale aveva lasciato le sue profonde cicatrici. Ma era anche il tempo per ricostruire, per guardare davanti a sé con ottimismo e speranza. Così avrebbe potuto anche nascere l’amore, un amore saldo e forte, che li avrebbe accompagnati per 49 anni.
Certo che mai, se si fosse posta la domanda, lei avrebbe creduto nella remota possibilità del colpo di fulmine. “Ma va’ là, tutte scemate e smancerie da romanzo”, avrebbe suggerito il suo intuito.
La donna era abituata ad alzarsi prestissimo. Nella casa paterna doveva accudire a molti compiti, i genitori partivano all’alba per i campi e lei, essendo la più piccola, aveva la responsabilità del focolare.
Aveva iniziato a cucire, un po’ per aiutare finanziariamente la famiglia, un po’ per permettersi di sbizzarrirsi nel confezionare vesti più colorate. Ciò che si poteva trovare sul mercato, era scialbo e sempre troppo costoso.
La necessità divenne passione: portò il suo estro a creare con abilità e raggiunse anche qualche piccolo successo. Le clienti, apprezzavano il suo lavoro, dandole quindi una ragione per continuare la sua attività.
Neppure avrebbe pensato di rivederlo, quel bel giovane abbronzato. Dopo qualche mese, col fazzoletto annodato al collo e la camicia sporca.
– Ciao, mi ricordo di te. La scorsa estate, quando scendevi dai monti… Conosco tuo zio, è lui che mi ha dato questo lavoro… – Aveva detto d’un soffio il giovanotto, cercando di apparire rilassato. Si stava guardando la camicia sudicia di pittura, contraccambiando il sorriso malizioso e sorpreso della donna che gli stava dinnanzi.
Per lei era tipico l’arrossire, sentendosi divampare d’improvviso, in preda al panico e non sapendo come gestire la sua emozione, fuggì via senza proferire parola.
La donna aveva iniziato ad indagare, presso lo zio. Sempre cercando di far apparire il tutto puramente casuale, mettendoci impegno affinché non trapelasse il suo segreto.
Come quando giunge l’arcobaleno a ravvivare un cielo ancor umido di pioggia: coi raggi dorati che tessono trame multicolori avvolgendo le infinite goccioline d’acqua come in un abbraccio: così era stato il loro amore.
Un ponte nel cielo, fatto di sincerità e compassione, affinché le loro anime si ritrovassero, dopo un incerto vagare nell’abisso dei mondi invisibili.
Ora la donna ripensava a quei momenti che ora appartenevano al passato. Li rispolverava e riordinava con cura, ben ordinati… affinché vi potesse avere accesso con la mente.
Essi mantenevano vivo il ricordo del suo amore per sempre partito: quegli attimi profumati di violetta, le stesse che con mano tremante aveva accettate come dono dall’amato.
Ed ora serbava questi antichi ricordi, così vivi ed intensi, permettendo loro di riempire le sue interminabili giornate… ora così vuole e pateticamente inutili.
Ogni piccolo istante di felicità condivisa, era lì, pronto per essere rivissuto in quella dimensione accessibile col cuore e la mente.
Ma i rimproveri ed i rimpianti ora le offuscavano l’animo. Forse non aveva saputo cogliere l’istante, non aveva saputo valorizzare ogni secondo, non aveva…
Ma eppure aveva, anche lei come molti di noi, messo le sue priorità laddove non era importante! Aveva pur sempre creduto che il tempo potesse esserle amico, ma questi scorreva inesorabile, lasciando solo solchi indelebili sul suo viso e sulle sue mani.
L’aspetto esteriore, così mutevole ed effimero; ma ciò che avrebbe dovuto contare, erano quei momenti passati accanto al suo grande amore. I momenti nei quali avevano condiviso gioie e dolori.
Il dubbio, ora, sorgeva e colpiva diritto al cuore. Perché? Perché non gli aveva donato più “tempo”, ora che ogni restante minuto non aveva più alcun significato? Quando ancora lui era al suo fianco… allora, il tempo avrebbe potuto essere fermato!
Avevano avuto tre figli: accogliendo nell’abbraccio della vita, altre tre anime erranti. Queste, guidate dal loro istinto primordiale, li avevano scelti, sollecitate dalle loro stesse impronte karmiche.
La donna, ora anziana ed ammalata, rivedeva queste immagini del suo passato. Le rivedeva con sentimento di felicità e sapeva che forse anche troppo presto, avrebbe raggiungo il suo amore. Questa sua anima gemella, che certamente la stava attendendo in una dimensione appartenente alle profondità del suo cuore.
Lui era già partito, chiamato dalla Legge Incontestabile che pone dei limiti temporali agli esseri viventi. Ma i ricordi, quelli, erano rimasti brillanti e vivi. Erano divenuti suoi compagni instancabili, trascinati all’esasperazione in quei momenti di profonda solitudine.
I miseri resti di polvere delle sue spoglie umane, erano reliquie alle quali parlare, quando lo sconforto l’assaliva. E ad esse, ora raccontava i suoi crucci ed i suoi dubbi profondi. Coglieva ogni piccolo pretesto, anche forse solo per stargli accanto. Ma era un triste monologo, che solo riapriva ferite profonde.
Quel corpo d’uomo che alla fine aveva sopportato così tanto dolore. Sempre con umiltà e rassegnazione e senza mai lamentarsi, pur chiedendosi “perché Iddio gli avesse regalato così tante spine”.
Lui che sempre aveva cercato di pacificare chi si trovava sulla via dell’ostilità. Lui che con ogni convinzione etica e morale, aveva parificato i diritti di chi non aveva voce. E sempre lui, che era stato un marito affettuoso ed un padre di incommensurabile pazienza.
Aveva contribuito alla rinascita di tre nuove vite: tre esseri così diversi ma così terribilmente effimeri.
La primogenita, sulle orme del padre, aveva costruito i suoi castelli fantastici, rincorrendo le stelle del Firmamento.
Forse l’unica, la cui forza persuasiva di chi aveva errato per il mondo alla ricerca della Verità, l’aveva spinta a trovare il suo Cammino. La sua svolta era stata decisiva, portandola ad immergersi nella profonda consapevolezza che “la felicità è dentro di noi – e non fuori”.
L’unico maschio, racchiudeva una miseria infinita dentro il suo cuore infranto. Dolce e violento, la cui ricerca dei “perché” lo avevano portato a deragliare più volte… senza speranza. Ora che il rimpianto lo assaliva, chiedeva alla vita solo clemenza ed oblio. La svolta, lui, non l’aveva ancora concepita… poiché quel esile cammino impervio lo conduceva lontano dalla retta via.
L’ultima figlia, una brillante piccola stella nel buio della notte, oscurata dalla moltitudine d’errori commessi. Effimera, anch’ella, duale, irreale nella sua buona condotta. Anche per lei, il padre e la madre, avevano avuto grandi progetti. Finiti in un piccolo spazio coltivato d’erba fragrante, ma troppo inebriante per permettere alla verità di aprirle gli occhi.
Nessuna svolta: all’albore del destino che attende, tutti e senza distinzione.
Forse sarà per domani… ci ripetiamo con costanza, seguendo passo dopo passo quasi da automi, un percorso ritagliato su misura.
Come un abito troppo stretto, non ci permette di sgarrare, finendo per impedire il movimento e lo stesso respiro.
Un segmento civettuolo, calcolato con molta attenzione, sempre rivolto ai “mezzi fini”, sempre con un tornaconto personale…
Egoisti, siamo, poiché così tanto potremo fare e donare a chi è nel bisogno.
E come questa donna, un giorno, forse ancora lontano, ci accorgeremo del valore delle cose importanti: nel qui ed ora.
Ed allora, la vera felicità, quella che rende ogni svolta fatta appagante e gioiosa, ci accorgeremo che è dentro di noi.
Forse solo riposta con cura ed in seguito dimenticata, a volte con un lieve filo di polvere che la rende un po’ meno attraente… eppure è lì, dentro di noi che attende d’essere scoperta.
Mormorio soffuso,
un bisbiglio appena,
e così dischiudi le tue paure
racchiuse in quest’anima in pena.
Ed il cuore grida,
nel suo linguaggio complesso.
Parole da interpretare, riconsiderare,
a volte in un idioma così straniero.
Fluire candido d’immagini appassite,
come fiori recisi,
da interminabile tempo.
Ingialliti, fragili al tatto,
che il vento trasporta seco, lontano.
Evocare le voci e le sensazioni,
lasciate dagli amori e dolori,
che come prime donne hanno
giocato coi nostri sentimenti.
Un palcoscenico, questa vita,
dove ogni attore è artefice,
del proprio destino.
Io scelgo, consapevole,
e guido i miei passi
fin laddove mi potran portare.