ESTRATTO DAL IV capitolo
********Così entrambi, mano nella mano, si avviarono verso nord dove s’ergeva il Mastio, vicino alle scuderie. Si sedettero sopra la paglia, Clément avvolse il ragazzo con un lembo del suo grande mantello e lo strinse a sé. Etienne finì con l’addormentarsi, nell’abbraccio che gli portava quel calore che il suo vero padre non poteva offrirgli in quel momento.
Era tornato il silenzio sulla roccaforte, il sole illuminava il cielo d’occidente con pennellate rosee e violetto. Si udivano le ultime risate sommesse, qua e là, da parte di qualche contadino che aveva bevuto troppo sidro e che ora con difficoltà si reggeva sulle gambe malferme.
Ma un’ombra, dalla feritoia nel Mastio, li stava osservando. Occhi tristi, con profondi solchi oscuri, a causa delle troppe notti insonni, Francine soffriva, in silenzio, cercando di non coinvolgere nella sua afflizione l’adorato figlio.
******** Con il libro stretto al seno, guardava con sguardo vitreo le fiamme del camino che crepitavano come se avessero dei messaggi oscuri da svelare alla giovane donna.
Neppure si accorse della presenza materializzatesi all’istante al suo fianco, percepì unicamente un lieve mutamento d’energia all’interno del proprio corpo. Dapprima sentì la voce, che l’esortò a rimanere immobile: – Non girarti, non voglio che tu mi tema: voglio solo condurti dove potrai capire i “perché” che in questo momento ti tormentano. Ascolta il mio messaggio e quindi abbi fede -.
Francine, riconosciuta l’esile voce melodiosa di Padre Ubertus, aveva provato l’urgenza di girarsi per sorridergli ed abbracciarlo e chiedergli perché fosse sparito senza darne avviso. – Nooo! Non voglio che tu mi veda, Francine! Mi temeresti ed io non potrei aiutarti. Appartengo ad un altro mondo ormai, sono passato in un regno dove solo lo spirito può entrare. Questo era il prezzo per l’immortalità! Ma ti spiegherò, se vorrai pazientare -.
******** Clément aveva meditato a lungo sui fatti rivelatigli: Uru-Shalim, il Califfo d’Egitto e Siria, i 33 cavalli dal pelo candido. Sentiva che c’era un messaggio molto importante, ora era perfettamente consapevole che la sua presenza nella roccaforte non fosse mera coincidenza.
Il destino con le sue infinite trame, tessute da abili mani che non lasciano nulla al caso. Ora, rimessosi a sedere nel grande letto, vedeva ombre sulla parete di pietra che sembrava si muovesse di lato, al fine di permettere una visione di ciò che stava all’esterno.
Era come se la profondità della notte facesse irruzione nella stanza, sentiva il freddo pungente dell’aria, il vento che lo frustava in viso e gonfiava le tende del baldacchino. L’odore della brughiera e le sue nebbie, così desolate e tetre, erano apparse davanti ai suoi occhi. Una notte senza stelle, la luna nascosta da fitte coltri anch’esse color del piombo.
Socchiuse gli occhi, cercando di restare il più immobile possibile, poi come se per lui fosse la cosa più naturale, si lasciò sprofondare in uno stato di sublime contemplazione.
Questa era una pratica che aveva appresa anni or sono, da un murshid appartenente ad una confraternita sufi. L’incontro con Jalâl Al-Dîn Rûmi lo aveva avvolto in un’aura mistica, portandolo a conoscere altre realtà e ad aprire la sua mente. Con lui aveva potuto partecipare a dei samâ ed un paio di volte anche a dei dikhr, normalmente riservati soltanto a dervisci e iniziati. Questi concerti spirituali di canto, musica e danza affascinavano e ghermivano mente e corpo di chi vi partecipava. Una sorta di meditazione, atta a permettere ai discepoli di raggiungere stati molto elevati di coscienza superiore. Alcuni arrivavano a conseguire l’estasi pura, che li riavvicinava al Supremo Creatore, il Grande Tessitore.
Durante questi stati, si riusciva a portare l’energia del proprio corpo astrale a “vibrare” fino a raggiungere dimensioni ben diverse di quelle in cui ci muoviamo nel campo materiale.
Con Jalâl Al-Dîn nelle vesti di “maestro”, era stato iniziato ad entrare nel mondo dei sogni, captarne presagi, premonizioni e simboli. Clément lo aveva seguito fino a Konia nell’Anatolia, poi aveva dovuto ritornare a Costantinopoli dove si era rivisto con suo padre ed aveva prestato giuramento al Grande Maestro entrando nell’Ordine dei Templari.
******** Clément arrivò al punto dove Francine aveva inserito il rametto di erica quale segnalibro: l’illustrazione del grande drago.
All’uomo si accapponò la pelle: l’immagine era pressoché identica a quella dell’arazzo nella sala adiacente: cosa poteva significare questo?
“Draghi, grifoni… sant’Iddio, sono fuggito dalla Sicilia per portare in salvo i miei uomini, ed eccomi qui, alle soglie degli Inferi.” Clément aveva mormorato queste parole, ma gli parve che le stesse fiamme nel camino venissero alimentate dall’energia creatasi nel pronunciarle. “Ma perché? Chi o che cosa si cela dietro questo enigma? Chi ha tessuto la trama di questi fatti, aggiungendovi il filo della mia stessa vita? Francine! Oh Francine, rivela alla mia mente ciò che i miei occhi non possono vedere!”
Una sorta di marasma si era creato nel suo cervello; cercando di calmarsi tornò a pensare a Jalâl Al-Dîn Rûmi. Ripensò al grande Poema dell’amore Divino scritto dal suo amico sufi, gli tornò alla memoria una strofa:
“Perché non vuoi che
la parte si ricongiunga al tutto,
il raggio alla luce?
Nel mio cuore contengo l’universo,
attorno a me, il mondo mi contiene”
******** Arrivato in cima alla scala, girò a sinistra per due volte raggiungendo velocemente il fondo del corridoio dove si trovava la sua stanza. Aprì la porta e notò subito che il fuoco ardeva ancora con grandi fiammate, seppure fossero trascorse già diverse ore da quando era uscito. La sua mano si posò istintivamente sull’elsa della sua spada, e nello stesso istante il suo olfatto percepì uno strano odore. Non si trattava di un aroma sconosciuto, era incenso ed inoltre non era solo: c’era qualcun’altro nella stanza!
ESTRATTO DAL V capitolo
******** Rolf non si era mosso, i capelli arruffati ora gli coprivano in parte gli occhi, sulle guance un leggero segno umido, che scendeva fino al mento. Una traccia inconfondibile, lasciata da una lacrima che incontrollata era riuscita a traboccare, sospinta dall’emozione ormai ingovernabile. Poi, con passo incerto, l’uomo si avvicinò a Barbara sospirando: – Perché nuovamente mi sfuggi? –
La brezza portò alla donna le parole, che come frecce avvelenate, le si conficcarono nel cuore. Con uno scatto si girò e lo affrontò di petto. Non sapeva se quanto provasse fosse indignazione o compiacimento, ma una cosa era certa: memorie del passato stavano riaffiorando con grande impeto. Aveva la mente confusa, cercava con tutto l’orgoglio che aveva in corpo di trattenere il pianto. Cercava di controllarsi, ma si accorse che tremava ed a stento riusciva a rimanere immobile. Una sensazione strana, come una mano invisibile, la sospingeva verso il bordo delle rocce. Laggiù, il mare la chiamava ora con voce possente.
******** Aiutato dagli altri tre uomini, Rolf issò solo una delle vele e poi con destrezza si mise dietro la ruota del timone. – Okay Markus e Laurent restate qui con me, voialtri scendete pure in coperta e mettetevi comodi. Le ragazze possono prendere lo skipper’s quarter, Peter utilizza uno dei due a prua, poi ci diamo il turno. Tra un’ora lascerò libero anche Laurent, per il momento manteniamo rotta verso sud-est. Le previsioni meteorologiche non sono così terribili, si tratta di un semplice fronte di maltempo proveniente da nord-ovest, avanza a 25 nodi, noi siamo leggermente più veloci e ci porteremo fuori dalla sua rotta. A quest’ora avrà probabilmente già raggiunto la costa. Dal palmare GPS ho ogni cosa perfettamente sotto controllo. E cercate di evitare scene di isterismo collettivo -. Le ultime parole vennero pronunciate con il suo usuale sarcasmo e anche Markus sorrise apparendo estremamente più tranquillo.
******** Il vento si era nuovamente tramutato in una brezza, un pochino ancora insistente, che scompigliava i suoi capelli facendoglieli cadere arruffati sulle spalle. Il mormorío sommesso delle onde contro la chiglia ed il loro sciacquìo, cullavano la mente dei presenti, creando un’atmosfera particolarmente romantica. Anche nell’oscurità così profonda, alcune stelle avevano bucato la coltre nera disegnando con la loro presenza figure immaginarie sulla volta del cielo. Barbara non poteva fare a meno di scrutare nella notte, cercando forse di portare i suoi pensieri lontano.
******** Rolf non era null’altro che uno “strumento” del passato apparso senza premonizione. Avrebbe dovuto parlargli della visione a bordo dell’aereo; ma lui aveva forse intuito la stessa cosa? Sapeva che sul piano metafisico qualcosa stava accadendo, era anche un uomo molto intelligente. – Anch’io mi devo scusare, Rolf. Mi sono comportata in maniera molto stupida. Anche se posso motivare che ciò mi accade quando mi sento minacciata. Ho paura. Mi fai paura. E non riesco a gestire bene questa sensazione. E’ più forte di me, perché mi hai sussurrato per due volte quelle quattro parole? Perché Rolf? Perché continui a torturarmi? Ho l’impressione che tu sia a conoscenza di qualcosa che io ignoro! – Ora Barbara era solo a mezzo metro dall’uomo, quasi poteva udire il suo battito cardiaco, percepiva l’energia che il suo corpo emanava, sentiva il suo lieve profumo di muschio.
Chiuse gli occhi e rimase immobile per qualche secondo, poi, come se sopra di lei si fosse aperta l’intera volta celeste ed i miliardi di stelle le fossero entrate nella mente, si lasciò cadere. Lievemente, con la dolcezza di una piuma che ondeggia nell’etere trasportata soavemente a terra, senza neppure fare rumore.