
Introduzione dell’autrice
Il nostro punto di vista e il nostro orizzonte sono limitati, il mondo che conosciamo non è che uno dei molti livelli di realtà. Da quando noi esseri umani siamo diventati consapevoli della nostra vita e della nostra mortalità ci siamo chiesti dove il nostro viaggio può -per così dire- continuare dopo la morte. Oltre alla domanda fondamentale sul perché della nostra esistenza, l’Oltretomba è probabilmente il più grande mistero dell’umanità che ci accomuna tutti.
Gli sciamani delle varie culture sono stati i viaggiatori tra i due mondi: essi sono i guaritori e misteriosi messaggeri tra la vita e la morte. Si ritiene generalmente che lo sciamanesimo sia stato la pratica pre-religiosa dominante per l’umanità durante il Paleolitico. Il fatto che questo metodo spirituale sia emerso decine di migliaia di anni fa, contemporaneamente in tutte le parti del mondo, in Asia, in Africa o in America, davvero mi emoziona.
Mi piace definirmi una Cittadina del Mondo, o meglio, dei Mondi. Credo nella vita dopo la morte, vista come reincarnazione in un nuovo involucro che ci ospita per acquisire sempre nuove esperienze spirituali. Nel susseguirsi di queste rinascite, vite e decessi, dovremmo poter raggiungere un livello di consapevolezza che ci permette di congiungerci al Sé Superiore, al Divino.
Il seguito del romanzo Piccoli passi nella Taiga ci fa scoprire altre realtà, o dimensioni, raggiungibili a dipendenza della nostra vibrazione.
L’Ouroborus è un simbolo antichissimo presente in diverse epoche e culture, rappresenta la natura ciclica delle cose, l’eterno ritorno o meglio, l’immortalità della nostra Mente/Spirito. Mi sono immersa ad ispezionare quegli angoli bui dei miei dubbi, trasformandoli con coraggio in un mondo visionario sì, ma senza dubbio reale nel momento che nella mia mente ha preso forma tangibile.
Forse la mia è solo una metafora del paradosso: possiamo comprendere questo mondo e la nostra vita, una volta che accettiamo il fatto che non siamo in grado di capirlo. “So che non so nulla” è la famosa citazione di Socrate la quale ha da allora servito da grande ispirazione a visionari e narratori.